

NOVI LIGURE – «All’inizio mi stava pure un po’ antipatico. Poi, chissà come è successo, me ne sono innamorata e nel 2008 me lo sono anche sposato». Ha ancora la forza di scherzare
Lidia Moro, 47 anni, dal 1990 operaia alla Pernigotti. Ma dentro c’è rabbia, amarezza, sfiducia, paura. Il marito l’ha conosciuto lì, nella fabbrica di viale della Rimembranza:
con la chiusura, entrambi perderanno il posto di lavoro. «Non abbiamo figli – racconta lui,
Marco Pizzo, 53 anni, dipendente dal 1988 – È una preoccupazione in meno, ma i timori per il futuro sono comunque tanti».
Un’altra famiglia finita nel tritacarne della crisi Pernigotti, come quella di
Patrizia Esposito e Silvio Brannetti (commesso all’Iperdì, il supermercato chiuso da questa estate).
E come quella di Giancarlo Tobia e Caterina Ferrarello: «Noi invece una figlia l’abbiamo, oggi ha 16 anni». Anche loro si sono conosciuti alla Pernigotti e nel 2001 hanno coronato il proprio sogno d’amore con il matrimonio. Giancarlo è in fabbrica dal 1989 e tra poco compirà
sessant’anni cinquant’anni. Caterina è appena più giovane del marito. Fa la stagionale dal 1990, ma ultimamente veniva assunta come lavoratore interinale: stesso stipendio, ma meno diritti e meno garanzie.
È facile immaginare quello che passa loro per la testa: come si fa a ricominciare tutto daccapo?